Adriana
Ma che storia è?
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C’è Storia e storia.
Si dice che i vecchi, ricordando il passato, confondano la Storia collettiva con la storia personale. Certo a noi non capiterà...ma qualche domanda possiamo farcela.
Quanto la Storia, quella che è ricordata nei libri, ha condizionato la nostra storia personale?
Quanta parte di Storia c’è nel nostro presente?
Quando il nostro presente diventerà Storia?
1973
Cercando notizie su tale anno trovo che si parlava di crisi energetica, di domeniche a piedi, di tensioni sociali, di attentati…
Nell’autunno mi trovavo ad insegnare in una scuola media della cintura torinese.
L’edificio scolastico, costruito per rispondere alle necessità della massiccia immigrazione FIAT, aveva un’apparenza fragile, ma rispondeva a moderni criteri di luminosità e spazi comuni.
L’ambiente scolastico risentiva ancora dell’onda lunga del ‘68. Le lotte studentesche, “Lettera ad una professoressa”, le contestazioni all’autorità, gli ideali di una società più giusta ed ugualitaria, la voglia di cambiamento… stavano ancora esprimendo il loro potenziale.
Noi insegnanti di sinistra ritenevamo che la cultura contenuta nei libri di testo fosse “di destra”: aveva una struttura ancora gentiliana, la storia e le scienze venivano esposte con criteri superati, con un’impostazione cattolica e classista e soprattutto veniva proposto un modello educativo rigido, autoritario, gerarchico.
Dopo infinite riunioni e assemblee, decidemmo: ABOLIZIONE DEI LIBRI DI TESTO.
Noi avremmo preparato i testi.
Questo significava: cercare le fonti alternative, elaborare gli argomenti, scriverli su matrice e poi ciclostilarli.
Ricordo ancora quelle matrici grigie difficili da correggere (io facevo sempre un sacco di errori!). Passai molte serate, fino a tarda ora, a volte rinunciando ad uscire con gli amici, per preparare matrici. Il giorno dopo occorreva ciclostilarle fuori orario. Imparai ad usare il ciclostile.
Alla fine risultavano dei tristi stampati con una grafica monotona, senza figure, soprattutto senza colori; i contenuti molto probabilmente erano validi (non so cosa ne penserei oggi) e avevano il grandissimo pregio di essere calibrati sui nostri alunni, ma l’aspetto estetico era decisamente poco accattivante.
A volte al termine delle lezioni, durante l’uscita, ho visto quei fogli calpestati dagli alunni. L’immagine dei piedi dei ragazzi che calpestano quei ciclostilati che ci erano costati tanta fatica è rimasta nella mia memoria.
E’ un’immagine molto simbolica che starebbe bene in un film.
Per fortuna ho un altro luminoso ricordo.
Giunse la fine dell’anno scolastico e si doveva affrontare l’esame di terza media che si svolgeva nella sede centrale, in un robusto e severo edificio, un ex convento.
Naturalmente la prova di italiano era la prima.
Quando entrai in classe, c’era già qualche collega alla cattedra, i ragazzi erano in silenzio ( evento molto raro!) un po’ intimiditi e ansiosi.
Io portavo un fascio di fogli protocollo a righe timbrati per il tema, avevo i capelli lunghi e sciolti, la gonna un po' corta, i sandali con la zeppa e sorridevo.
La classe scoppiò in un applauso assolutamente spontaneo.
In tempi in cui non si usava l’applauso facile come oggi, gli allievi applaudivano la loro insegnante di lettere nel giorno dell’esame.
Quanta parte di Storia collettiva e di storia personale c’è in questi episodi?
L’abolizione dei libri di testo, anche se limitata e marginale, appartiene alla Storia dei movimenti politici, sociali, ideologici di quel tempo; la mia adesione ad essi è storia personale.
La mia gonna un po’ corta, le zeppe... fanno parte della moda di allora, che ovviamente risentiva del clima sociale di liberazione e ribellione, ma come io ho vissuto quella stagione fa parte della mia storia.
Come oggi io ripenso a quell’immagine è ancora “un’ altra storia”.
Che cosa i nostri ricordi ci dicono o che cosa noi vogliamo trovare in essi è “un’altra storia”
Dove andranno a finire i palloncini
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Renato Rascel
DOVE ANDRANNO A FINIRE I FILES QUANDO FUGGONO DAI COMPUTER?
Alcuni giorni fa, una mia amica ed io decidemmo di preparare il material per un "Laboratorio di scrittura autobiografica". Le proposi di venire da me. Lei mi disse: "Se hai un computer, evito di portarmi il mio, porto solo una chiavetta."
Non sapevamo che queste parole sarebbero state foriere di gravi guai informatici.
Lavorammo dalle 9,30 fino alle 18,30 con impegno: schede, testi, citazioni...Siccome lei è più veloce di me, scriveva sul mio computer, che non conosceva, e alla fine copiò tutto sulla sua chiavetta, in modo che ognuna delle due potesse rivedere il materiale per conto proprio. Eravamo soddisfatte del lavoro: sintonia sugli intenti, accordo sui contenuti....
MA, MA....
Dopo uno scambio affannato e drammatico di e-mail, dovemmo renderci conto che nessuna delle due riusciva ad aprire i files. Riconobbi nella mia amica la disperazione informatica che spesso mi ha colpito anche per motivi meno gravi.
Che fare?
1- Provai a pensare intensamente al mio Guru informatico, ma il suo spirito non venne in mio soccorso.
2- Mandai una e-mail al Guru. Lui, che è un grande e sa vedere la realtà vera oltre all'apparenza, mi rispose: "I tuoi poblemi
con l'informatica, dipendono dal tuo karma, dalle azioni che hai compiuto nelle vite precedenti (devi aver fatto sfracelli!) e di cui non hai più memoia"
L'ho umilmente ringraziato per questa illuminante spiegazione.
3- Ricattai mio genero. Sfruttando la mia posizione di nonna gli dissi: "Accudisco la piccola, così voi genitori potete uscire,solo se...".
Lui si impegnò e, per percorsi a me sconosciuti, riuscì ad aprire i files sul mio computer, ma risultarono pochi ed inservibili; il grosso del lavoro si trovava sulla chiavetta, nasosto in files introvabili!
ABBIAMO RIFATTO TUTTO !!!
Ma, poichè non siamo riuscite a ricostruire qualche piccola parte, a tutte le informatiche e a tutti gli informatici rivolgo il seguente
APPELLO
Se, andando in giro per il web, vi capitasse di incontrare dei files smarriti e tremanti, desiderosi di tornare a casa, per favore avvisatemi; rispondono al nome di Incontro 1, Incontro 2, Incontro 3...
Ringrazio in anticipo.
A una passante
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A UNA PASSANTE
Una donna alta, sottile, a lutto, in un dolore
immenso, passò sollevando e agitando
con mano fastosa il pizzo e l'orlo della gonna
agile e nobile con la sua gamba di statua.
Ed io, proteso come folle, bevevo
la dolcezza affascinante e il piacere che uccide
nel suo occhio, livido cielo dove cova l'uragano.
Un lampo, poi la notte! - Bellezza fuggitiva
dallo sguardo che m'ha fatto subito rinascere,
ti rivedrò solo nell'eternità?
Altrove, assai lontano di quì! Troppo tardi! Forse mai!
Perchè ignoro dove fuggi, né tu sai dove io vado,
tu che avrei amata, tu che lo sapevi!
Charles Baudelaire
Agile et noble, avec sa jambe de statue
Un éclair… puis la nuit! — Fugitive beauté
Ailleurs, bien loin d’ici! trop tard! jamais peut-être!
Promisi questa poesia molti anni fa ad una amica, me ne dimenticai più volte finché persi di vista l'amica.
L'ho rincontrata qualche tempo fa.
Eravamo state colleghe in anni di intensa passione scolastica e politica, anni in cui ancora credevamo,sognavamo di poter cambiare o almeno influenzare la società attraverso la scuola ( un altro tempo, un altro mondo.... fa uno strano effetto a pensarci ora... e qualcosa si agita nello stomaco, nel cuore, nella mente...).
C'era una forte solidarietà all'interno del gruppo che condivideva le stesse idee, profonde amicizie, intrecci amorosi, litigi, scontri con gli insegnanti "avversari", lotte con l'autorità... il sindacato...contatti con i genitori, il quartiere... l'assessorato, la città, scambi con le altre scuole, sperimentazioni didattiche, laboratori, visite, attività sportive, soggiorni con le classi... e soprattutto molto impegno, dedizione, affetto verso gli alunni. Eravamo sempre a scuola, a volte anche durante le vacanze.
Quell'esperienza ha segnato il seguito delle nostre vite.
Dopo undici anni cambiai scuola e dopo un po' persi i contatti con i colleghi.
Molte cose avevamo da dirci la mia amica ed io, incontrandoci dopo trent'anni: matrimoni, divorzi, figli, nipoti, lutti...insomma la vita, nostra e dei colleghi.
Ora, ogni tanto ci troviamo e nessuna delle due ricorda più l'episodio che lei mi aveva raccontato e per cui le avevo promesso la poesia. Non ci stanchiamo di riflettere su quegli anni, seguiamo i fili delle storie personali che ne sono seguite, ci chiediamo come siamo cambiate noi e i nostri amici "Siamo invecchiati, siamo diversi? "No siamo sempre noi". Sprazzi di ricordi riemergono e cerchiamo di ricostruirli. Valutiamo le nostre scelte e, anche se sapiamo che è inutile, ci chiediamo come avrebbero potuto andare diversamente le cose,... ci piacerebbe trovare una ragione, un senso alle vicende trascorse, ma... forse... dobbiamo semplicemente accettare i casi dell'esistenza.
Rileggendo la poesia, penso ai "passanti" della mia vita, agli incontri che sembravano voluti dal destino e poi non hanno avuto seguito, agli amori appena accennati o non corrisposti, alle amicizie importanti e di cui non ho più notizie (nonostante facebook).....agli incontri svaniti nel nulla senza un motivo, i passanti scomparsi.
A volte un amico o un conoscente rincontrato mi svela che decenni fa, io sono sta per lui una "passante"; un angolo di vanità sorride, ma un po' mi sorprende vedere le cose dall'altra parte e un po' mi dispiace.
Topo e gatto
- Scritto da Adriana
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Per favore, Ingegnere, potrebbe calcolare quante volte un gatto di medie dimensioni è più grande di un topolino di campagna. Il calcolo è importante per poter apprezzare la seguente microstoria.
Alcuni giorni fa, un mio amico entrando in casa, trovò il suo gatto che giocava con un topo appena catturato.
I due giocavano, ma si sa... per il gatto è un gioco, ma per il topo una tragedia. Era una lotta impari, niente in confronto a Davide contro Golia. Comunque il micio conduceva la partita come sono soliti fare i felini: lasciava che l'avversario per un momento si allontanasse, dandogli l'illusione della fuga e poi gli balzava addosso con la sua mole decisamente superiore e la sua indiscussa agilità e ricominciava il gioco: piccola fuga, la speranza della salvezza e poi di nuovo la cattura.
I due lottatori avrebbero continuato così finchè il topolino, esausto, sarebbe stato costretto a una resa incondizionata e il gatto lo avrebbe ucciso, senza peraltro cibarsene, perchè già satollo ( lui in fatto di cibo è esigente, ma per fortuna il suo padrone sa qual è la sua marca di bocconcini preferita).
Ma ad un certo punto, successe qualcosa di insolito: il topolino si fermò, si girò verso il gatto n.? volte ( sto ancora aspettando il calcolo) più grosso di lui, si alzò sulle zampe posteriori (zampine certo!), era alto pochi centimetri, assunse un'espressione feroce ed era pronto a sfidare quella specie di enorme dinosauro.
Ovviamente per lui non c'era nessuna possibilità di salvezza, ma, a quel punto, il mio amico, di fronte a tale dimostrazione di coraggio, decise, che un topo così doveva vivere, sì! doveva vivere e cominciò lui a lottare con il gatto che non aveva nessuna intenzione di rinunciare al suo divertentissimo gioco.
Non fu facile, ma alla fine riuscì a bloccarlo e a rinchiuderlo in un'altra stanza.
Stava per aprire la porta e permettere la fuga del suo protetto, quando si ricordò che fuori c'erano altri due gatti ( un bel problema!), allora chiamò la moglie in soccorso. Lei capì subito la situazione e...."imbracciata l'artiglieria", una scopa micidiale... gettò un'altra scopa al marito e uscirono tutti e tre "uomini e... topo".
I due gatti che stavano sonnecchiando nel prato, fiutarono immediatamente l'odore della caccia e balzarono all'inseguimento del topino, ma i miei amici, sfruttando il vantaggio delle armi, con balzi, saltelli e veementi minacce verso i due potenziali uccisori, riuscirono a permettere la fuga del topo.
Mi dica, Ingegnere, se avesse assistito a questa lotta potenzialmente mortale per il più svantaggiato dei due contendenti, per chi avrebbe parteggiato? E immaginando una situa zione simile fra gli umani, chi vedrebbe nella parte del gatto ( ce ne sono tanti, lo so!) e chi nella parte del coraggiosissimo topino?
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