Nel 2007 il giovane figlio di un rigattiere si portò a casa per $ 380 da un’asta pubblica una cassa piena di negativi (sequestrata ad una signora che non pagava i debiti), che terremotò il mondo della fotografia. La signora che non pagava i debiti si chiamava Vivian Maier, era di origine francese e faceva la bambinaia a Chicago.
Una “very private woman”, che sgusciava senza essere notata da nessuno per le strade delle città americane armata di Rolleiflex a fare le foto più straordinarie del mondo (dando inizio al filone oggi così di moda della “street photography”), aiutata dal suo aspetto di donna qualunque e dal mirino della macchina che le consentiva di fotografare la gente guardandola direttamente negli occhi. E che ancora, per nascondersi meglio, si faceva anonimamente recapitare lo sviluppo dei suoi 8 mm al nome falso di mr. Smith; simile, nel suo modo di fare arte (secondo Wikipedia), ad Emily Dickinson: “che scrisse le sue riflessioni e le sue poesie senza mai pubblicarle e, anzi, a volte, nascondendole in posti impensati, dove furono ritrovate solamente dopo la sua morte". Evidentemente ci sono artisti che diventano grandi facendo cose solo per se stessi, e non per il mondo e il mercato.
A Vivian invidio la sua grandissima arte, la Rolleiflex e la Leica IIIC che usava abitualmente. Le invidio anche la tecnica di allora, che in parte ho sperimentato, i negativi, la Ilford FP4, la camera oscura con la magia della foto che emerge a poco a poco, l'uso del termometro, dei filtri e dei reagenti, e il tempo necessario. Ma mi lega poi a Vivian, inaspettatamente, un’altra cosa: il web. Chi scoprì le sue foto ne decretò il successo grazie alla pubblicazione di una loro parte su Flickr, un sito per foto ormai un po’ fuori moda, ma che nel 2009 andava alla grande. Senza Flickr, costei, che non aveva il tempo di stampare tutte le foto che aveva scattato, che non aveva alcun canale di diffusione delle sue opere, e che non aveva nessun amico con cui condividerle, non avrebbe avuto la santificazione da grande fotografa che ha poi avuto.
E veniamo quindi agli strumenti: il primo e il più importante è la macchina fotografica: Vivian non aveva dubbi. Oggi ne abbiamo molti: macchina vera e propria o telefonino? Diffusione istantanea con instagram e whatsapp, o caricamento sul computer per la post-produzione? Il telefonino è uno strumento bellissimo, impagabile per la foto di strada grazie alla sua disponibilità immediata. Ma il suo com'è fatto pone seri limiti: niente zoom ottico, niente bokeh nelle foto; e allora anche macchina fotografica! La scelta dipende soprattutto dall’intenzione con cui si esce di casa: si va a fare foto oppure no?
In ogni caso un grosso sì alla post-produzione, e quindi al lento (si fa per dire) caricamento sul computer, e alla successiva elaborazione, che un po' ricorda quella della camera oscura; non parlo di Photoshop o di Silverlight però: non mi interessa costruire foto sovrapponendo livelli; per me la bellezza di una foto nasce nel magico momento dello scatto, grazie alla composizione e al disegno della luce, in quel istante in cui il tempo diventa infinito e si ferma. Ma spesso le foto hanno l’orizzonte storto, o l’inquadratura va migliorata con un bel taglio, o ti accorgi che il soggetto, fatto a colori, sarebbe venuto molto meglio in bianco e nero. Oppure la dinamica va un po’ aggiustata attraverso l’uso sapiente e moderato dell’HDR. Robe così insomma.
Ma si può partire anche da foto analogiche scattate nel passato: è molto divertente cercare e recuperare vecchie foto e vecchi filmini; ma passata la fase esploratrice e polverosa dei vecchi armadi e delle soffitte, bisogna pensare alla loro digitalizzazione (delle foto e dei filmini, non delle soffitte): per i filmini l'unica soluzione (abbastanza costosa) è di andare dal fotografo, che provvederà a riversarli in formato elettronico. L'alternativa economica (ma dai dubbi risultati) consiste nel proiettarli (se avete ancora il vecchio proiettore) e riprendere la proiezione con una camera digitale montata su cavalletto. Per le diapo e le stampe invece la via è più facile: basta uno scanner. Per le diapo esiste uno speciale marchingegno da mettere sul vetro dello scanner, me se non avete pazienza e avete un po' di soldi da investire potete portate i caricatori così come sono dal fotografo per avere indietro il solito CD. Per le stampe invece, le si appoggia semplicemente sul vetro sullo scanner (che ormai sono parte integrale delle economiche ink-jet multifunzionali), naturalmente dopo aver letto tutto - attenzione - sul concetto di risoluzione e sulla associata unità di misura (i famigerati DPI).
Poi c’è il momento della rappresentazione: come vanno presentate le foto? In un album elettronico? In un album di carta vecchio stile (per seguire i consigli di Vint Cerf)? O ancora con una opportuna colonna sonora in un accattivante filmato? Come condividerle infine? Facebook, mail, Google Foto? O con un buon vecchio album cartaceo (prodotto dal web) e recapitato per posta tradizionale?
Qua accanto trovate esempi di tutto ciò: gallerie di foto recenti, foto in bianco e nero ricavate da vecchie stampe abbandonate in scatoloni usati per grandi dormite dal mio gatto rosso (anche Vivian usava gli scatoloni, ma forse non aveva gatti), vecchi filmini 8 mm digitalizzati a cui ho aggiunto il rumore del proiettore (ho tirato fuori apposta e restaurato con pezzi trovati su E-Bay il mio vecchio Eumig P8). Alcune delle foto risalgono al 1937, o a ancora prima, con mio papà che imparava l'arte del volo. Buona visione, se vi interessa. Magari tornate: il bello del digitale è che nuovi contenuti possono sempre essere aggiunti e condivisi!