C’è Storia e storia.

Si dice che i vecchi, ricordando il passato, confondano la Storia collettiva con la storia personale. Certo a noi non capiterà...ma qualche domanda possiamo farcela.

Quanto la  Storia, quella che è ricordata nei libri, ha condizionato la nostra storia personale?

Quanta parte di Storia c’è nel nostro presente?

Quando il nostro presente diventerà Storia?

 1973

Cercando notizie su tale anno trovo che si parlava di crisi energetica, di domeniche a piedi, di tensioni sociali, di attentati…

Nell’autunno mi trovavo ad insegnare in una scuola media della cintura torinese.

L’edificio scolastico, costruito per rispondere alle necessità della massiccia immigrazione FIAT, aveva un’apparenza fragile, ma rispondeva a moderni criteri di luminosità e spazi comuni.

L’ambiente scolastico risentiva ancora dell’onda lunga del ‘68. Le lotte studentesche, “Lettera ad una professoressa”, le contestazioni all’autorità,  gli ideali di una società più giusta ed ugualitaria, la voglia di cambiamento… stavano ancora esprimendo il loro potenziale.

Noi insegnanti di sinistra ritenevamo che la cultura contenuta nei libri di testo fosse “di destra”: aveva una struttura ancora gentiliana, la storia e le scienze venivano esposte con criteri superati, con un’impostazione cattolica e classista e soprattutto veniva proposto un modello educativo rigido, autoritario, gerarchico.

Dopo infinite riunioni e assemblee, decidemmo: ABOLIZIONE DEI LIBRI DI TESTO.   

Noi avremmo preparato i testi.

Questo significava: cercare le fonti alternative, elaborare gli argomenti, scriverli su matrice e poi ciclostilarli.

Ricordo ancora quelle matrici grigie difficili da correggere (io facevo sempre un sacco di errori!). Passai molte serate, fino a tarda ora, a volte rinunciando ad uscire con gli amici, per preparare matrici. Il giorno dopo occorreva ciclostilarle fuori orario. Imparai ad usare il ciclostile.

Alla fine risultavano dei tristi stampati con una grafica monotona, senza figure, soprattutto senza colori; i contenuti molto probabilmente erano validi (non so cosa ne penserei oggi) e avevano il grandissimo pregio di essere calibrati sui nostri alunni, ma l’aspetto estetico era decisamente poco accattivante.

A volte al termine delle lezioni, durante l’uscita, ho visto quei fogli calpestati dagli alunni. L’immagine dei piedi dei ragazzi che calpestano quei ciclostilati che ci erano costati tanta fatica è rimasta nella mia memoria.

E’ un’immagine molto simbolica che starebbe bene in un film.

Per fortuna ho un altro luminoso ricordo.

Giunse la fine dell’anno scolastico e si doveva affrontare l’esame di terza media che si svolgeva nella sede centrale, in un robusto e severo edificio, un ex convento.

Naturalmente la prova di italiano era la prima.

Quando entrai in classe, c’era già qualche collega alla cattedra, i ragazzi erano in silenzio ( evento molto raro!) un po’ intimiditi e ansiosi.

Io portavo un fascio di fogli protocollo a righe timbrati per il tema, avevo i capelli lunghi e sciolti, la gonna un po' corta, i sandali con la zeppa e sorridevo.

La classe scoppiò in un applauso assolutamente spontaneo.

In tempi in cui non si usava l’applauso facile come oggi, gli allievi applaudivano la loro insegnante di lettere nel giorno dell’esame.


Quanta parte di Storia collettiva e di storia personale c’è in questi episodi?

L’abolizione dei libri di testo, anche se limitata e marginale, appartiene alla Storia dei movimenti politici, sociali, ideologici di quel tempo; la mia adesione ad essi è storia personale.

La mia gonna un po’ corta, le zeppe... fanno parte della moda di allora, che ovviamente risentiva del clima sociale di liberazione e ribellione, ma come io ho vissuto quella stagione fa parte della mia storia.

Come oggi io ripenso a quell’immagine è ancora “un’ altra storia”.

Che cosa i nostri ricordi ci dicono o che cosa noi vogliamo trovare in essi è “un’altra storia”
                                                              

 

Commenti  

# Crosstalk 2018-02-13 16:04
Come si passa dalla storia alla Storia? Con i big data, ovviamente, selezionando e correlando (fredda risposta poco emotiva!). L'ho visto nella demo di un progetto europeo (Cubrik) in cui ho svolto più o meno l'importante ruolo di passacarte. Si parte da una collezione di foto che qualcuno ha a casa, e che si dà in pasto ad un affamato serverus computeri (come quelli di Google della filae Googleloensi che ogni giorno divorano milioni di foto nelle loro tane artiche). L'avido predatore annusa la foto e la disseziona (o segmenta che dir si voglia) per isolare gustose facce; individuate quindi succulenti espressioni, cerca nelle savane della rete delle correlazioni tra le informazioni che crescono selvagge sulle sponde del fiume Bit, che ingozzate sopra i brandelli di immagine ancora palpitanti nel suo entalpico ventre, gli permettano di ricostruire l'identità delle anime perdute; e tac! beccata l'identità, la insegue per la rete a trovar tracce di wikipedia, testi di cui è l'autore, articoli di nera in cui è nominato, e lega tutto ciò in una ragnatela che trattiene nei suoi appiccicosi rami la foto originale, le altre foto con la stessa persona, i testi, le nefandezze le grandi cose e cose che voi umani nemmeno immaginate. Le ragnatele si incollano tra loro in grumi storici che palesano nelle loro sintesi gli eventi della comunità di cui le vittime del mostro di silicio erano attori, con altri i filamenti che si sporgono nel vento della storia verso altre tribù ed individui. Perché nessuno è solo, e tutti si riflettono in tutti gli altri, come diceva il buon Hesse (quello del "gioco delle perle di vetro). Certo, bisogna essere importanti (qualche perla è più lucida di altre), e come minimo essere su wikipedia: cosa volete che conti un esame di terza media...
Ma qua si parla troppo: e dateci un'occhiata a questa ragnatela (il bello dal min 2 e sec 10)!
www.youtube.com/watch?v=fSMBG-9-1BM

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