Mancano cinque giorni al voto per il referendum costituzionale. Cinque giorni per concludere un percorso iniziato circa 35 anni fa, tanti ne sono passati dal primo tentativo di riforma istituzionale.
L’aspetto centrale rimane quello del superamento del bicameralismo perfetto. Così viene definito da wikipedia: Il procedimento legislativo con il sistema del bicameralismo perfetto è più complicato e lento del bicameralismo imperfetto. In questo sistema infatti i disegni di legge vengono discussi, emendati e approvati da uno dei due rami del parlamento, quindi passano all'altro che può approvarli in via definitiva solo senza modificare in nulla il disegno di legge; in caso contrario il testo dovrà ritornare nuovamente al ramo del parlamento che lo ha esaminato per la prima volta. (fonte wikipedia: https://it.wikipedia.org/wiki/Bicameralismo_perfetto)
Con l’attuale riforma si differenziano i compiti: la Camera rimane l’organo legislativo primario mentre il Senato vede circoscritto il suo potere a determinate materie rispecchiando in sostanza il suo originario spirito regionalistico.
Come detto non si tratta di un’esigenza nuova. Di certo non un’invenzione di Renzi o della Boschi: Bicamerale Bozzi (1983-1985), Bicamerale De Mita-Iotti (1993-1994), Bicamerale D'Alema (1997), Governo Berlusconi (2005). In tanti hanno provato a modificare la Costituzione e superare il bicameralismo perfetto senza però riuscirci.
“Non meno imperdonabile resta il nulla di fatto in materia di sia pur limitate e mirate riforme della seconda parte della Costituzione, faticosamente concordate e poi affossate, e peraltro mai giunte a infrangere il tabù del bicameralismo paritario”. Così parlava il Presidente Della Repubblica Giorgio Napolitano il giorno della sua rielezione (ricordo che gli venne insistentemente chiesto di essere nuovamente il Capo dello Stato poiché il Paese stava sprofondando in una paralisi istituzionale) riscontrando l’applauso di tutte le forze politiche.
E’ ora a dir poco curioso che la riforma Renzi riscontri un’opposizione bypartisan, ancor più pensando a certi elementi del PD o di FI che la riforma l’hanno pure votata per poi dichiarare di essere contrari. Due nomi su tutti (anche se non sono parlamentari) D’Alema e Berlusconi. Chi sono gli ultimi ad aver fallito nella riforma costituzionale?
Uno dei punti chiavi del superamento del bicameralismo perfetto è che solo la Camera potrà dare la fiducia al governo.
A proposito di governi ...
- XVII Legislatura (dal 15 marzo 2013)
elezioni politiche 24 e 25 febbraio 2013 - Governo Renzi (dal 22 febbraio 2014)
Governo Letta (dal 28 aprile 2013 al 21 febbraio 2014) - XVI Legislatura (dal 29 aprile 2008 al 23 dicembre 2012)
elezioni politiche 13 e 14 aprile 2008 - Governo Monti (dal 16 novembre 2011 al 27 aprile 2013)
- Governo Berlusconi IV (dall'8 maggio 2008 al 16 novembre 2011)
- XV Legislatura (28 aprile 2006 - 6 febbraio 2008)
elezioni politiche 9 e 10 aprile 2006 - Governo Prodi II (dal 17 maggio 2006 al 6 maggio 2008)
- XIV Legislatura (30 maggio 2001 - 27 aprile 2006)
elezioni politiche il 13 maggio 2001 - Governo Berlusconi III (dal 23 aprile 2005 al 17 maggio 2006)
Governo Berlusconi II (dall'11 giugno 2001 al 23 aprile 2005) - XIII Legislatura (9 maggio 1996 - 9 marzo 2001)
elezioni politiche il 21 aprile 1996 - Governo Amato II
Governo D'Alema II
Governo D'Alema
Governo Prodi - XII Legislatura (15 aprile 1994 - 16 febbraio 1996)
elezioni politiche il 27 marzo 1994 - Governo Dini
Governo Berlusconi - XI Legislatura (23 aprile 1992 - 16 gennaio 1994)
elezioni politiche il 4 aprile 1992 - Governo Ciampi
Governo Amato - X Legislatura (2 luglio 1987 - 2 febbraio 1992)
elezioni politiche il 14 giugno 1987 - Governo Andreotti VII
Governo Andreotti VI
Governo De Mita
Governo Goria - IX Legislatura (12 luglio 1983 - 28 aprile 1987)
elezioni politiche il 26 giugno 1983 - Governo Fanfani VI
Governo Craxi II
Governo Craxi - VIII Legislatura (20 giugno 1979 - 4 maggio 1983)
elezioni politiche il 3 giugno 1979 - Governo Fanfani V
Governo Spadolini II
Governo Spadolini
Governo Forlani
Governo Cossiga II
Governo Cossiga - VII Legislatura (5 luglio 1976 - 2 aprile 1979)
elezioni politiche il 20-21 giugno 1976 - Governo Andreotti V
Governo Andreotti IV
Governo Andreotti III - VI Legislatura (25 maggio 1972 - 1 maggio 1976)
elezioni politiche il 7-8 maggio 1972 - Governo Moro V
Governo Moro IV
Governo Rumor V
Governo Rumor IV
Governo Andreotti II - V Legislatura (5 giugno 1968 - 28 febbraio 1972)
elezioni politiche il 19 maggio 1968 - Governo Andreotti
Governo Colombo
Governo Rumor III
Governo Rumor II
Governo Rumor
Governo Leone II - IV Legislatura (16 maggio 1963 - 11 marzo 1968)
elezioni politiche il 28 aprile 1963 - Governo Moro III
Governo Moro II
Governo Moro I
Governo Leone - III Legislatura (12 giugno 1958 - 18 febbraio 1963)
elezioni politiche il 25 maggio 1958 - Governo Fanfani IV
Governo Fanfani III
Governo Tambroni
Governo Segni II
Governo Fanfani II - II Legislatura (25 giugno 1953 - 14 marzo 1958)
elezioni politiche il 7 giugno 1953 - Governo Zoli
Governo Segni
Governo Scelba
Governo Fanfani
Governo Pella
Governo De Gasperi VIII - I Legislatura (8 maggio 1948 - 4 aprile 1953)
elezioni politiche il 18 aprile 1948 - Governo De Gasperi VII
Governo De Gasperi VI
Governo De Gasperi V
63 Governi in meno di 70 anni di Repubblica. C’è chi parla del rischio di un esecutivo troppo forte (consideriamo comunque che i poteri del Governo e del Presidente del Consiglio non vengono modificati), io preferisco pensare che vada incentivato quel minimo di stabilità di cui ogni istituzione ha bisogno per svolgere i propri compiti. Una crisi di governo è diretta conseguenza di una crisi dell’intero paese.
Similmente sarà diverso il meccanismo di legiferazione delle leggi ordinarie: per materie non di competenza del nuovo Senato, per approvare una legge sarà sufficiente il solo voto della Camera. Ciò significa sicuramente un iter legislativo più rapido ma anche fare in modo che la volontà popolare espressa tramite le elezioni politiche non venga scissa. Mi ha sempre fatto riflettere il fatto che ci fossero maggioranza diverse alla Camera ed al Senato. L’ultimo governo Prodi non ha potuto di fatto governare perché aveva una maggioranza troppo ristretta al Senato. Aveva vinto le elezioni ma non era riuscito a prendere il premio di maggioranza in Lombardia, Veneto e Sicilia. Dopo Prodi i governi per rimanere in carica hanno spesso dovuto stringere alleanza trasversali ed esibirsi in giochi di palazzo. Il parlamento resta e resterà sovrano, ma siamo sicuro che questo significhi rispettare la volontà popolare?
Questo è il testo del nuovo art. 57 sull’elezione del Senato.
Comma 2. I Consigli regionali e i Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano eleggono, con metodo proporzionale, i senatori fra i propri componenti e, nella misura di uno per ciascuno, fra i sindaci dei comuni dei rispettivi territori.
Comma 5. La durata del mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle
istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti, in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi (…).
Si tratta quindi di un’elezione di secondo grado (come avviene ad esempio per l’elezione del Presidente della Repubblica). Gli elettori eleggono il consiglio regionale che, a sua volta, elegge i senatori. Così il Senato può diventa veramente la Camera delle Autonomie. Il peso specifico che può dare un sindaco, eletto direttamente ed in costante contatto con i bisogni dei cittadini, è, a mio avviso, superiore a quello di certi senatori abbarbicati da anni alla poltrona. Non si tratterà, come ipotizzato, di un senato di nominati ma di un’elezione di secondo grado che dovrà tenere comunque in conto delle scelte espresse dagli elettori in occasione dell’elezione di primo grado.
Viene invece rafforzato il vero strumento di democrazia diretta: ossia il referendum. Vengono introdotti i referendum popolari propositivi e d’indirizzo e si abbassa la soglia del quorum per i referendum abrogativi.
Ancora viene garantita nei tempi e nelle forme l’iniziativa legislativa popolare. Vero che si aumenta il numero di elettori proponenti ma si avrà la garanzia che la proposta venga effettivamente presa in considerazione dal Parlamento.
Ancora si garantisce una maggior parità fra i sessi promuovendo l’equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza.
Si riduce il costo ed in numero dei parlamentari (che saranno 215 in meno). Per il parlamento italiano, sempre in cima alle classifiche come numero di rappresentanti ed emolumenti vari, non è di certo una cattiva notizia.
Sempre in termine di risparmio si provvederà all’abolizione del CNEL, organo che ho studiato nel corso di diritto costituzionale ma che in seguito non ho più sentito nominare. In mezzo secolo il Cnel ha presentato solo 14 disegni di legge ma che ci è costato ogni anno circa 20 milioni. (fonte sole24ore http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-04-13/il-cnel-e-quei-20-milioni-che-costa-italiani-tutti-sprechi-pensatoio-pubblico-che-renzi-vuole-abolire-165829.shtml?uuid=ABSFgfAB). Viene considerato come ricettacolo di raccomandati di partiti e sindacati vari. Già da questo si può capire come mai tanti politici di professione siano contrari alla riforma.
Si metterà inoltre un tetto massimo agli stipendi dei vari organi regionali sulla base degli importi percepiti dal sindaco.
Infine con questa riforma si cerca di fare ordine nei rapporti fra Stato e Regioni. L’attuale sistema è stato spesso oggetto di dispute cosicché la Corte Costituzionale si deve esprimere una volta ogni 3 giorni circa sul conflitto di competenza. (fonte sole24 ore: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-01-31/conflitto-statoregioni-causa-ogni-104556.shtml?uuid=AbD83sPH) E’ chiaro che occorre far chiarezza. Inoltre la riforma interviene introducendo un meccanismo meritorio: rafforza di fatto il principio dell’autonomia e stabilisce che le Regioni virtuose, cioè in equilibrio tra le entrate e le uscite, possono ottenere ulteriori competenze.
Ho letto ed esaminato le ragioni del no e ho fatto alcune riflessioni. Le ragioni del no sono diametralmente opposte fra loro. Basti pensare che questa riforma è considerata, da alcuni, precorritrice di una dittatura mentre per altri è troppo morbida in quanto non aumenta in alcun modo i poteri del premier.
Mi è capitato di condividere alcune considerazioni per lo più di carattere tecnico. Viene generalmente sostenuto che alcune norme potevano essere scritte meglio e che alcuni compromessi politici hanno portato ad un testo poco incisivo. Vorrei ricordare che l’attuale Costituzione è stata scritta a seguito di un grande compromesso politico fra forze per molti versi antitetiche. Ma il punto è che con i si poteva fare di più e i si poteva fare meglio si stimola la fantasia (sempre che si fantastichi su effettive proposte e non ci si limiti a dire solo di no) ma non si fanno le riforme. Il modo migliore per affondare un progetto è proprio questo: fingere di sostenere che una cosa va fatta e dire che è meglio farla in altra maniera ma, visto che ciò non è possibile, tanto vale non farla. Capisco il M5S che non hai mai governato ma tutti gli altri che al governo sono saliti almeno una volta potrebbero iniziare a raccontare cosa hanno fatto in termini di riforme istituzionali.
In definitiva vedo tre atteggiamenti ricorrenti in tanti personaggi che si battono per il no: la paura di cambiare, l’attaccamento ai privilegi e l’odio verso Renzi.
Cerchiamo di lasciare tutti da parte il terzo punto. Anche il Presidente fiorentino ha, in un primo momento, personalizzato questo referendum ma questo non è giusto, a prescindere. I governi passano ma le norme costituzionali serviranno anche dopo di questi. Non vi piace Renzi? Le prossime elezioni politiche sono il luogo giusto per mandarlo a casa. Qua si sta discutendo delle regoli comuni della nostra comunità. Siamo proprio su un altro livello.
Tornando ai primi due punti, tanti politici sanno che con questa riforma verranno elisi i loro privilegi (meno poltrone e stipendi più bassi) mentre tanta gente comune ha paura del cambiamento. Li capisco perché ci siamo abituati al peggio soprattutto da parte di certa politica. Con la riforma sarà meglio, peggio o uguale? Siamo in una situazione idilliaca che ci permette di dire di no a qualsivoglia cambiamento senza porci alcuni interrogativi?
Il Tar del Lazio, con sentenza n. 10445 del 20 ottobre, ha dichiarato inammissibile per difetto assoluto di giurisdizione il ricorso sul quesito referendario presentato da M5s e Sinistra italiana. Il ricorso giudicava ingannevole il contenuto del quesito referendario.
Questo è il testo del quesito che ci ritroveremo di fronte domenica.
«Approvate il testo della legge costituzionale concernente “disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione”, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016?»
Il testo non è ingannevole per un semplice motivo, con il sì si avranno esattamente queste modifiche: superamento del bicameralismo paritario, riduzione del numero dei parlamentari, contenimento dei costi, soppressione del Cnel e revisione del Titolo V. Volete queste modifiche?
Commenti
Mi permetto solo di commentare sul punto della governabilità, che riguarda più la legge elettorale che la riforma costituzionale.
Parlo del riferimento a 63 governi in 70 anni, che è spesso usato anche nei commenti internazionali per descrivere la "instabilità" italiana.
Vorrei far notare questi punti:
Ricordo ancora una volta che la contropartita è che se per caso un anno, in una votazione, grazie a particolari congiunzioni astrali, vince un governo "sbagliato per il paese", essere comunque obbligati a tenercelo per 5 anni, non è così desiderabile.
Meglio sarebbe, direbbe il signor La Palice, aver un buon governo stabile per cinque o anche dieci anni, ma questo si ottiene con la maturità politica del paese, non con la matematica non lineare degli nostri legislatori "ignoranti" (di matematica e di diritto).