Ho corso per i corsi di Torino,
- non esiste un'altra città con tanti corsi
uno dentro l'altro, larghi disperati -
come chi cerca una tomba per dormire
in pace. Non ero capace di godere
la facciata del Duomo, la Porta Palatina,
il Palazzo Reale: la nebbia
aveva l'aspetto astioso di una megera.
Corso D'Azeglio, Corso Vittorio,
Corso Vinzaglio, Nomi per riconoscermi
estraneo. Cadeva dal cielo una lordura patinata, e gridi incomprensibili.
Fortuna che all'angolo con Via Cernaia
incontrai una donna quasi svestita. Per tutta
la notte mi spiegò la bellezza della città,
mi disse e ridisse dove s'annida
il fuoco sacro che dà linfa ai torinesi.